Primatologia dell’orrore, orrore della primatologia

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Claudio Kulesko

Claudio Kulesko (Roma 1991) studia alla facoltà di filosofia di Roma Tre. Si occupa principalmente dell’opera di Deleuze e Guattari ma il suo campo di ricerca si estende al realismo speculativo, alla filosofia delle scienze, alla theory-fiction, al pessimismo filosofico e all’opera di Georges Bataille. Membro fondatore del "Seminario Musica e Filosofia" di RomaTre. Traduttore italiano di "In the Dust of This Planet" di E. Thacker.

4 thoughts on “Primatologia dell’orrore, orrore della primatologia”

  1. Il tuo pezzo mi ha fatto rammentare “La Scimmia e l’Essenza” di Huxley (che mi regalò Raffaele Ferro tanti anni fa). Nell’umanesimo huxleyano (seppur critico) è lì che emerge in tempi “non sospetti” il primate (l’LSD procura certe “devoluzioni” illuminanti) che opera nel contesto di una “natura matrigna” o in ogni modo, che persegue una omeostasi anche attraverso il
    male; la neutralità presunta delle agency non umane è pur sempre indifferente alle sorti, – dal nostro punto di vista, maligna – indifferente ai costrutti etici benevoli – che ti sto a dire? – che, come nell’incipit del romanzo, sono copioni e scenografie che vanno verso il forno e solo il caso ne risparmia alcuni per una brusca curva del camion. Un abbraccio, Andrea

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  2. Primatologia #2
    Nel film di Robert Östlund “The Square” un artista performer durante una cena di gala, incarna il primate, suscitando inizialmente l’ilarità degli eleganti convenuti (il bonario clown vegetariano) per poi finire pestato a sangue dagli stessi, appena il primate si manifesta nella sua totalità trascinando a terra una signora per i capelli e cercando di violentarla. In questo film è interessante il concetto di riterritorializzazione puramente concettuale che spesso l’arte mette in scena, creando soglie effimere rappresentate dal quadrato del titolo (è il frame, la cornice nel quale l’artista nei secoli ha confinato sogni e orrori) all’interno del quale vige il rispetto per chi lo occupa; ma questa soglia non è veramente un confine ma una demarcazione puramente simbolica, di fatto meno efficiente della cornice del dipinto; è la regola condivisa di un gioco che nulla impedisce di infrangere. La civiltà in sostanza. Poi come presenza aliena (demone inorganico?) citerei anche il monolito nero, che viene a portare all’umanità la scintilla dell’intelligenza, quella che permette di vedere in un osso un’arma e di lì in poi, protesi sempre più raffinate. Ma ab ovo, c’è l’arma. Ci sarebbe da scrivere un libro sulla primatologia ( – e chissà che tu non lo stia facendo :-> il
    gorilla Ishmael di Daniel Quinn, la saga del Pianeta delle Scimmie, La Donna Scimmia di Ferreri…) La nostra domesticazione è un condizionamento da poco, che può essere aggirato (legalmente, antropologicamente) che tollera forme di violenza discreta e ritualizzata per scongiurare quelle incontrollate, il ballo frenetico degli scimpanzé che squartano la piccola scimmia. Per noi, brividi da OPG o licenze guerresche, ma anche l’esperimento Milgram.

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